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Come quando tu scrivi a una ragazza, che magari ti piace pure, pure troppo. E in cambio ricevi 2 kg e mezzo di silenzio. A volte capita.
Questa sera sono passato a trovarti, mi hai visto? Erano le cinque e un quarto circa. Era già abbastanza buio e quei lumini, quelle lucette elettriche non lasciano indifferenti. Siamo pur sempre in un cimitero. E te l'ho chiesto questo segnale. Questo messaggio. Tornavo dal convegno di San Martino Buon Albergo, Salvaconnome. Un convegno che volevo vedere come degna conclusione del Servizio Civile, che in realtà ha avuto la sua fine ieri per me. Un anno. E tutti se ne dispiacciono, chi più chi meno. Perché mi sa che ogni tanto riesco pure a farmi voler bene. Perché è già passato un anno, caspita, zà pasà un anno, passa in pressia el tempo eh. Te sé piasesto? Te sito catà ben? Peccato solo che in mezzo a quest'anno ci sia stata QUELLA COSA. Cosa che ha proprio tagliato a metà il Servizio Civile. Prima metà. Tragedia. Seconda metà.
Insomma, convegno oggi, per darmi un tono anche io, perché l'argomento mi interessava, perché ci sarebbe dovuto essere Giovanni Minoli che apprezzo molto molto (salvo poi non venire causa problemi di volo, in ritardo di svariate ore. Sarà stato uno degli ultimi respiri di Alitalia, boh), perché avevo voglia di ri-parlare dopo un anno con il professor Volpato. Sai com'è, mi manca ancora il suo esame della specialistica. E anche lui è sembrato molto toccato quando gli ho dovuto spiegare i motivi del mio anno "diverso".
Però oramai i miei occhi sono irrimediabilmente segnati. Vedo tutto distorto. E mentre ero giù nel livello sotterraneo della bella Biblio di San Martino, nettamente il più giovane dei "convegnisti", non potevo non osservare in disparte questi bibliotecari/esperti di raccolte/conservatori di beni librari e chiedermi quanti anni di vita ognuno avrà ancora davanti. Quanti di loro, perché statisticamente potrebbe accadere, potranno ammalarsi della malattia bastarda che ha portato via te. Magari quel % sono io, sarò io. E' tutta così la vita. Un guardarsi intorno contando gli anni, anzi, contando i sei mesi. Alla fine è tutta questione di questi sei mesi che ormai sono diventati l'unità di misura di tutta la mia esistenza. Io finora ho vissuto 50 sei mesi. Sono un cinquant'enne insomma.

Beh, il segno è arrivato. Entro dalla porta di casa e Veronica piangente mi dice: "Umbe, non volevo che la mamma morisse. La voglio ancora qui con noi".
E io che le posso dire? Dimmi tu cosa le posso dire.
Qualcuno me lo dica.

Anzi, non qualcuno, TU.
Se come DEVO credere, mi stai guardando, illuminami.
Tu puoi. Forse solo tu.

Ciao, mamma.

EDIT: devo ricordarmi di non ascoltare più "Gravity" di Sara Bareilles fino a che scrivo in questo posto. Sto rischiando di bagnare la tastiera con le lacrime. Ci mancherebbe pure questa.

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