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Repeat.

Dear Mum, sono passati 21 giorni e io sono un frullato.
Tu mi conosci, meglio di me, per cui sicuramente capirai il mio disappunto nel vedermi così, nonostante tutto quello che è successo. Ho paura perché sono convinto che la botta per me non sia ancora arrivata. Esorcizzo questa paura continuando a correre, come facevo prima, pieno di inutili impegni. Quando l'unico impegno che vorrei veramente sarebbe quello di raggiungerti il prima possibile. Che grande sforzo è vivere, per me.
Che grande gioia è sempre stata per te, vivere.
E intanto io continuo ad esorcizzare la paura ripetendo continuamente la solita "storiella" a chi, premuroso, mi chiede come va. Come vuoi che vada?
E allora parte il disco. Vivo giorno per giorno, non faccio programmi a lungo termine, è dura, ma mamma ci guarda dall'alto. Cose così, insomma.
E dimentico i sensi di colpa, perché ne ho molti e tu lo sai se mi vedi da lassù.
Chissà cosa starai facendo lassù in questo momento. E' strano pensarti ferma, tranquilla, rilassata, dopo la vita frenetica e piena di impegni che ti sei costruita, che ha permesso ad un casino di persone di stare meglio.
Sai, controllo ancora il gas alla sera. E anche i chiavistelli della porta. E quando controllo la porta mi viene il flash dei giorni che hai passato nella casa, nella TUA casa, costipata dentro a quattro pezzi di legni che noi umani chiamiamo bara. Ci è restato il corpo, per qualche giorno.
Un corpo che non capiamo però, un corpo su cui Veronica ha pianto, su cui tanta gente ha pianto, su cui io sono rimasto attonito. No feelings.
Cos'è questa? E' forza o è solo non coscienza degli eventi?
Cos'è?
E intanto ripeto, mi ripeto.
E torno giù a controllare il gas.

Ciao mamma, notte.

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