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Ma quanto ci vuole a capire che..

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..alla fine quel che resta è solo l'amore?
Nonostante non ci sia niente da festeggiare. E non ce ne sarà più.

Ciao, mamma.

Chiudendo gli occhi..

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..scivoli via da me. Da me.

E non solo da me. Pensa che oggi, dopo credo una vita e mezza, ho raggiunto la soglia dei 100 sms inviati, una quantità esagerata di parole, abbracci regalati e auguri venduti a prezzo basso causa crisi. E l'unica consolazione è la Giù che porta dentro sé il futuro, un futuro che si tinge di rosa, un futuro che avrà il tuo nome.
Se chiudo gli occhi, forse ti riprendo.
Poi stasera apro a caso "Il cacciatore di aquiloni" che, essendo moda, non ho letto e tu sai bene a che pagina l'ho aperto. Incredibile. E' diventata un'ossessione oramai, un insieme di immagini, un insieme di istantanee, di parole, per definire quello che è anche un segno zodiacale.
Un'ossessione. Il cancro.
Chiamalo come vuoi, quello è.
Quello era. E non mi importa quello che sarà, ho qui di fianco la tessera dell'AIRC, fatta poco prima della fine di tutto. Ma non mi interessa di nuove scoperte, di nuovi ritrovati della scienza applicata alla medicina. Medicina che come non ha salvato te, non mi interessa che salvi me.
E non si parla di commiserazione, è quello che penso.
Qui lo dico e non lo nego.

Ciao, mamma.

Ah, dimenticavo, buon natale.

L'anti-vigilia.

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Oggi è l'anti-vigilia. Ma a me dell'anti-vigilia nella sua accezione "alla latina" (o alla latrina? boh..) di ante vigilia (cioé, prima della vigilia) non interessa granché, in tutta sincerità.
Interpreto l'anti-vigilia come una mission (come usano dire quelli bravi).

Io sono ANTI VIGILIA. A cosa serve vigilare su un qualcosa che, anno dopo anno, è sempre più svuotato del suo reale significato? Come posso vigilare io con le 200 cose che anche quest'anno mi sono trovato a dover portare avanti, nell'approssimarsi della festa della natività.
E poi questo per me, per noi come famiglia (e tu lo sai bene), è un anno che di "nativo" non ha avuto niente, anzi.

Il dazio con il destino, con il disegno del cosmo, con il motore di tutto, lo abbiamo pagato. Anzi, lo HAI pagato, tu che non ti meritavi di doverlo pagare in questo modo.

Il bimbo nasce, il bimbo piange, tu non ci sei più e noi piangiamo. E se non c'è consolazione per una madre che piange il proprio figlio, non c'è alcuna consolazione neanche per 4 figli e un marito che piangono la loro madre e moglie.

Pray for us.

Ciao, mamma.

Chiedimi se sono felice (cit.)

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In realtà dovrei esserlo, perché qualche buon motivo ci sarebbe.
Le emozioni, l'augurio notturno con la S.C., la prima assoluta, i "Risto", il prof. Morandi che riesce ad emozionare anche il papà con le sue riflessioni, le due cuginette in arrivo, la vita che riparte, nonostante tutto, la vita che hai contribuito anche tu a rendere così ricca.
Non serve dire altro oggi, mi accontento.
Ti voglio bene.

Ciao, mamma.

Diario di un dolore.

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Iniziato alle ore 00,50 di stanotte.
Concluso alle ore 2,30 di stanotte.

Non consola, sicuramente non è stato scritto con l'intento di consolare.
La sensazione di trovarmi ad ogni pagina ad annuire, a dire, anche io la penso così.
E poi stare male ancora, forse più di prima.

Ciao, mamma.

Grazie Fabio.

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Grazie per le 3 ore che mi hai regalato.
Grazie per questo che mi hai regalato.
Grazie per la vita che regalerai a chi avrà (sempre più) bisogno di volare, almeno con la mente.
Grazie.

Ciao, mamma.

Non mi riconosco più.

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Anche ieri sera non mi sono riconosciuto, ma alla fine non è successo niente.
Sono un'accozzaglia di esperienze, le più diverse tra loro, le più distanti da me.
Eppure i buoni propositi ci sono sempre, a casa le cose sembrano anche migliorare un pò, qualche progetto a lungo termine c'è, ieri sono andato addirittura a comprarmi da vestire.
Però la percezione netta è quella che nessuno qui in casa si riconosca più. Tutti saremmo pronti per un grande salto, nel vuoto probabilmente.
A volte penso che la tua assenza, sotto un limpido cielo africano, con un bambino in fin di vita tra le braccia, vittima della fame, beh, questa assenza sarebbe meno pesante, meno opprimente.
Tutti dovremmo sentirci parte di quest'anima mundi.
Ma allora sto parlando di Dio o della Natura?
Dio? Natura?
No, niente domande oggi.

Ciao, mamma.

Il paese delle nebbie.

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E' questo, è il mio, è dentro di me.

E allora, tra una pagina de "La via lattea" e degli esperimenti acustici qui a casa, ho il tempo di pensare, visto che il Servizio Civile è finito e lo studio per gli ultimi 4 esami non è ancora iniziato.

Penso al "senso" di tutto questo correre, disperato tentativo di contrastare l'effetto dirompente della nebbia invernale, del cotone che non tiene abbastanza caldo e della lana che di caldo ne tiene anche troppo. Alzo la voce per non sentire il dolore.

La quotidianità è fatta di 3 macchine che ogni sera bisogna mettere via rispettando l'ordine di uscita mattutino, di luci di alberi, presepi, stelle, tutte luci accese per contrastare la lugubre penombra connaturata nelle quattro mura della casa che si chiama "Parva Domus" e nella quale abitiamo.
Una casa di cui non è rimasta traccia della "Iucunda Mansio" che faceva da sottotitolo al nome della modesta (neanche troppo) dimora di questo nucleo familiare di 5 persone.

Chi questa casa l'ha sognata, cercata, voluta e riportata in vita, ora non vive più.
Vive, in un altro modo, mi sforzo sempre più di credere.
Ma non si vede.

E io vorrei vederti, invece.

Ciao, mamma.

Send a message.

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Come quando tu scrivi a una ragazza, che magari ti piace pure, pure troppo. E in cambio ricevi 2 kg e mezzo di silenzio. A volte capita.
Questa sera sono passato a trovarti, mi hai visto? Erano le cinque e un quarto circa. Era già abbastanza buio e quei lumini, quelle lucette elettriche non lasciano indifferenti. Siamo pur sempre in un cimitero. E te l'ho chiesto questo segnale. Questo messaggio. Tornavo dal convegno di San Martino Buon Albergo, Salvaconnome. Un convegno che volevo vedere come degna conclusione del Servizio Civile, che in realtà ha avuto la sua fine ieri per me. Un anno. E tutti se ne dispiacciono, chi più chi meno. Perché mi sa che ogni tanto riesco pure a farmi voler bene. Perché è già passato un anno, caspita, zà pasà un anno, passa in pressia el tempo eh. Te sé piasesto? Te sito catà ben? Peccato solo che in mezzo a quest'anno ci sia stata QUELLA COSA. Cosa che ha proprio tagliato a metà il Servizio Civile. Prima metà. Tragedia. Seconda metà.
Insomma, convegno oggi, per darmi un tono anche io, perché l'argomento mi interessava, perché ci sarebbe dovuto essere Giovanni Minoli che apprezzo molto molto (salvo poi non venire causa problemi di volo, in ritardo di svariate ore. Sarà stato uno degli ultimi respiri di Alitalia, boh), perché avevo voglia di ri-parlare dopo un anno con il professor Volpato. Sai com'è, mi manca ancora il suo esame della specialistica. E anche lui è sembrato molto toccato quando gli ho dovuto spiegare i motivi del mio anno "diverso".
Però oramai i miei occhi sono irrimediabilmente segnati. Vedo tutto distorto. E mentre ero giù nel livello sotterraneo della bella Biblio di San Martino, nettamente il più giovane dei "convegnisti", non potevo non osservare in disparte questi bibliotecari/esperti di raccolte/conservatori di beni librari e chiedermi quanti anni di vita ognuno avrà ancora davanti. Quanti di loro, perché statisticamente potrebbe accadere, potranno ammalarsi della malattia bastarda che ha portato via te. Magari quel % sono io, sarò io. E' tutta così la vita. Un guardarsi intorno contando gli anni, anzi, contando i sei mesi. Alla fine è tutta questione di questi sei mesi che ormai sono diventati l'unità di misura di tutta la mia esistenza. Io finora ho vissuto 50 sei mesi. Sono un cinquant'enne insomma.

Beh, il segno è arrivato. Entro dalla porta di casa e Veronica piangente mi dice: "Umbe, non volevo che la mamma morisse. La voglio ancora qui con noi".
E io che le posso dire? Dimmi tu cosa le posso dire.
Qualcuno me lo dica.

Anzi, non qualcuno, TU.
Se come DEVO credere, mi stai guardando, illuminami.
Tu puoi. Forse solo tu.

Ciao, mamma.

EDIT: devo ricordarmi di non ascoltare più "Gravity" di Sara Bareilles fino a che scrivo in questo posto. Sto rischiando di bagnare la tastiera con le lacrime. Ci mancherebbe pure questa.

Alleluja.

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ALLELUJA

Voglio tornare a dirlo anche io.
Credendoci, però.

Ciao, mamma.