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Il buio.

Forse, a 26 (quasi) anni, sto iniziando a capire cosa significhi per me stare al buio.
Non è tanto l'assenza di luce a crearmi problemi, anzi, mi piace, dentro casa, muovermi a luci spente, fidandomi delle mie sensazioni e cercando di mettere i piedi nei posti giusti. Non me la cavo neanche male peraltro.
E' altro, per me, il buio. Il buio è quando io non riesco A DARMI LUCE. E quando non riesco A DARMI LUCE? Quando provo ad essere quello che non sono, quando metto su la maschera del latin lover de noantri, del seduttore, quando dico cose che non penso, quando mi spaccio per quello che non sono.

E' nell'accettazione di me stesso che trovo la felicità. Nella semplicità, nella concretezza. E' arrivato il momento di tagliare i ponti con le mille pseudo-liaison che hanno circondato (e di cui mi sono circondato) in questo periodo.

Non ho bisogno di emozioni a tempo determinato. Ho bisogno di stabilità, prima di tutto interiore.
Ho bisogno di darmi luce. Allora, forse, potrò essere pronto fare scelte importanti, che incidano davvero sulla mia esistenza.

Non posso pensare di arrivare agli -anta anni scoprendo di aver riempito di nulla la stagione forse più piena della vita.

So che non sarà una svolta da poco, anzi. Richiederà parecchio impegno. Richiederà un distacco progressivo dalle "macchine", dal telefono, maledetto compagno di viaggio, dal pc, purtroppo indispensabile (in certi momenti) mezzo di comunicazione.

Devo ripartire da me, senza le propaggini tecnologiche.
Dalle mani, dagli occhi, dal cuore.
Non più dal mouse, dal monitor e da un microprocessore.

Forse da solo non ce la farò, però se puoi, tu, aiutami.

Ciao, mamma.

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